Essendo stato fino all’altro ieri in campo, mi spiace molto vedere i miei ex colleghi arbitri, e soprattutto quelli più giovani, spaesati per l’assenza di riferimenti tecnici.
Partiamo da una riflessione sul timing. Ritardare un fischio su un fallo di contatto è concettualmente sbagliato. Bisogna semmai tardare il fischio in occasioni in cui potrà intervenire la tecnologia, ma non su contatti sui quali il VAR di fatto è estromesso, su cui è l’intensità colta dal campo ciò che conta. In Bologna-Lecce, il giovane Collu ha aspettato più volte dei secondi, in occasione di più di un fischio. A Monza, Feliciani ha atteso la fine dell’azione per sanzionare il contatto Bondo-Theo Hernandez. La conferma di quanto dicevamo poco sopra: per tutti gli addetti ai lavori non era fallo, ma il VAR era tagliato fuori e non poteva intervenire. Due indizi fanno una prova: secondo me le disposizioni sul timing a Coverciano sono ancora poco chiare.
Passiamo alla soglia del fallo. Ferrieri Caputi ha fischiato la lieve spinta di Dumfries su Haps (per quanto condivisibile), sottovalutando il fallo di mano, ma non ha sanzionato all’ultimo minuto una spinta ben più evidente, a due braccia.
Secondo me la soglia si è abbassata per paura. Io in campo mi sentivo forte quando studiavo, quando mi facevo delle “memorie cache” in testa vedendo tantissimi episodi e sapevo sempre dirimere la situazione facendo corrispondere ciò che vedevo davanti a me a ciò che avevo già esaminato. Oggi questa chiarezza tecnica manca, e si vede: si è pensato di sopperirvi cercando di standardizzare, semplificare, ma si è soltanto complicato il tutto, perché l’arbitraggio è fatto di dettagli e di qualità, che a oggi non vedo.
Questo significa andare dietro alla paura: un sentimento condivisibile, a fronte dell’importanza delle gare, ma che si batte lavorando sulla tecnica, implementando la conoscenza.